Sono su una barchetta a più di mille chilometri da Bergamo e
sto tornando dalla visita all’isola di Mozia. Con me e Gabriella sale un’altra
coppia e, educatamente, ci salutiamo.
La barca è lenta e il motore ronfa leggermente, ci cullano
delle piccole onde e iniziamo a conversare. Il marito si presenta, è di Endine
Gaiano sul lago vicino a Bergamo, la moglie è belga di Bruxelles.
«Sono
del millenovecentotrentanove – m’informa – sono sposato da oltre cinquant’anni
e vivo in Belgio».
«Siamo
coscritti – gli rispondo – sono anch’io del trentanove e abito da sempre a
Bergamo».
S’instaura un clima cordiale e continuiamo nella
conversazione.
«Della
fine della guerra e della Liberazione – dice lui – ho alcuni ricordi precisi. Ricordo quando la
colonna tedesca in ritirata passò da Endine e l’imboscata che cercarono di
tendere i partigiani scesi dalla Malga Longa».
Lo ascolto con attenzione, non capita spesso di avere un
testimone dei fatti, avvenuti settant’anni orsono, presente che mi racconta ciò
che i suoi occhi da ragazzino hanno impresso nella sua mente.
Sembra quasi un mio alter ego, io con la visione degli aerei
che bombardano Dalmine, lui con quella di una colonna militare, composta da
camion e carri armati che si dirige verso casa dopo essere stata sconfitta e
dopo aver subito tentativi di attacco da parte dei gruppi partigiani, prima a
Bergamo, poi a Seriate ed ora a Endine.
Lui continua con i suoi ricordi.
«Gli
abitanti avevano saputo che la colonna tedesca, dopo aver avuto il via libera a
Seriate rinunciando a qualsiasi ritorsione per l’attacco partigiano, si stava
dirigendo sulla Statale verso Endine e, quindi, proseguire per la Valcamonica e
il Brennero. Ricordo di aver visto un conoscente armeggiare attorno ad una
motocicletta e, dopo alcuni tentativi, partire a tutto gas verso Trescore
Balneario per rendersi conto della situazione.
Qualcun altro, nel frattempo, aveva avvisato i Partigiani
della situazione che, scesi a valle si erano appostati all’ingresso del paese.
La popolazione, timorosa, si era rinchiusa nelle case con la preoccupazione
che, in seguito all’attacco partigiano ci fosse una violenta ritorsione delle
truppe tedesche fermamente decise a superare qualsiasi ostacolo senza dover
deporre le armi, specialmente a coloro che consideravano “banditi” e non truppe
regolari».
Mentre mi racconta questi fatti lo guado negli occhi che
mantiene fissi in avanti, quasi a rivedere quel film di tanti anni prima. Lo
capisco e mi rivedo quando riporto nella mia mente e descrivo ad altri i miei
ricordi di quel tempo. La memoria imprime indelebilmente alcuni fatti, magari
riponendoli per anni in “cartellette” nascoste per poi ritrovarle e riviverle
come fossero recenti, vissute il giorno precedente.
Lui continua.
«La
colonna arriva all’inizio del paese, sento dei colpi di mitra, lo scoppio di
una bomba, altre sventagliate di mitraglia un vociare confuso, qualche colpo
giunge e penetra nell’abitazione di mia zia (c’è ancora il segno della pallottola
nel muro), poi, dopo circa un’ora, il silenzio. Spiando da un’imposta, vedo un
parlottio tra un ufficiale tedesco e un partigiano, poi sento nuovamente
rombare gli automezzi nazisti e li vedo passa lentamente dal centro del paese.
Hanno raggiunto un accordo se ne vanno».
«Vengo
poi a sapere che durante
il conflitto a fuoco, furono nove le vittime della repressione tedesca, che
colpì, secondo una tecnica tristemente nota, indiscriminatamente la popolazione
civile, seminando terrore nel paese di Endine Gaiano».
Finito
il racconto, tace e mi guarda. Volevo, a mia volta, raccontare i miei ricordi
ma stiamo attraccando al molo e si cambia discorso: «Bene, piacere di avervi conosciuto, se casualmente
venite a Bruxelles venite nel nostro B&B - dice la signora porgendoci un
biglietto da visita – buona continuazione!».
Salutiamo
anche noi e osservando l’orologio mi accorgo che è tardi, dobbiamo ancora
pranzare e abbiamo un altro appuntamento per le quindici.
Mentre
guido in cerca del ristorante penso alla casualità dell’incontro, allo stesso
anno di nascita e ai ricordi condivisi di un periodo che a cinque, sei anni
sono rimasti impressi nella memoria di ambedue per tutta la vita.
La
fotografia riportata è inserita nel libro “Endine – 27 aprile 1945 – autrice Oriella
Della Torre – ediz. Il filo di Arianna.
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